Morandi e il silenzio delle cose



Una bottiglia scanalata di ceramica bianca, una tazza con l'orlo rosso, una scodella con scanalature malva, un basso contenitore da cucina, uno strano contenitore sferico scanalato, forse una saliera.  Cosa c'è di più semplice e immediato eppur così complesso e arcano di una natura morta? Una natura in posa, dove gli oggetti familiari al pittore sono come le statuine in un teatro vuoto; si scalano nello spazio chiaro di una mensola, e tra loro s'insinua il silenzio delle cose.

Morandi è un artista ossessivo e solitario, che nella serialità delle sue "Nature morte" pone al centro la riflessione sullo spazio e sul volume. Dipinge secondo una percezione che devia dalla prospettiva rinascimentale per scegliere la disposizione degli oggetti secondo uno scaglionamento istintivo, capace di creare sempre una familiare profondità.

La sua è una pittura colta, che medita sullo stile dei primitivi, di Giotto e dei prospettici del Quattrocento. Le campiture piatte, di cezanniana memoria, sono tutte giocate sui toni della polvere e dei grigio beige. La scelta monacale di sobrietà e monocromia delle sue tele pone Morandi in una condizione opposta alla brillante e dinamica pittura futurista a lui contemporanea. 

Sono particolarmente affezionata a Morandi, perché illustrando una sua natura morta condussi a termine (con soddisfazione) il colloquio d'esame del concorso per l'abilitazione all'insegnamento. E quindi ancora una volta, grazie! 

Giorgio Morandi (Bologna, 20 luglio 1890 – 18 giugno 1964), Natura morta, 1946, Tate Modern, Londra 

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