Il Carnevale di Arlecchino


       

"Carnevale"


Che fracasso!

Che sconquasso!

Che schiamazzo,

mondo pazzo!

E’ arrivato Carnevale

buffo e pazzo,

con le belle mascherine,

che con fischi, frizzi e lazzi,

con schiamazzi,

con sollazzi,

con svolazzi di sottane

e di vecchie palandrane,

fanno tutti divertir. Viva, viva Carnevale,

che fischiando,

saltellando,

tintinnando,

viene innanzi e non fa male;

con i sacchi pieni zeppi

di coriandoli e confetti,

di burlette e di sberleffi,

di dispetti,

di vestiti a fogge strane,

di lucenti durlindane,

di suonate, di ballate,

di graziose cavatine,

di trovate birichine!

(Mario Giusti)


La festa è cominciata! Forme di vita ibride, metà umane e metà animali, insettiformi, cigliate, fito e zoomorfe ballano e si divertono, al ritmo della musica che si diffonde da una chitarrina impertinente gialla e nera. Arlecchino è la figura centrale con la maschera bicolore e la lunga tunica chiara che presenta dei rombi scuri. La stanza, disadorna a tinte neutre, esalta i colori puri e brillanti dei personaggi fantasiosi che la popolano. 

Mirò nell'allegria del dipinto esorcizza le allucinazioni e i morsi della fame dettate dalle cattive condizioni economiche del tempo. E come nel Carnevale, tutto diventa possibile.     

Joan Mirò (Barcellona, 20 aprile 1893 – Palma di Maiorca, 25 dicembre 1983), Il carnevale di Arlecchino, 1924-1925, Buffalo, Albright-Knox Art Gallery



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