"gli adorabili occhi da cerbiatta di Albaydé"

 


Il cuscino damascato sui toni dell'azzurro e la seta rossa a cavallo dello schienale del divano ci conducono in Oriente. Sullo sfondo, oltre il parapetto dal vivace fregio, l'esuberanza dell'intreccio del giardino ricorda le antiche magie di Babilonia. I capelli castano ramato sono intessuti di fiori. La tunica aperta si confonde con la pelle eburnea e lascia intravedere il corpo scultoreo. Inconsapevole della propria bellezza, Albaydé con aria innocente e languida attende, forse la morte, forse l'eternità. Nei sogni dei borghesi dell'Ottocento è una cortigiana o una odalisca bianca, perché tutti bramano "gli adorabili occhi da cerbiatta di Albaydé", quegli occhi che nella tomba saranno per sempre chiusi, come citano i versi del poema di Victor Hugo "Les tronçons du serpent".

Alexandre Cabanel (Montpellier, 28 settembre 1823 – Parigi, 23 gennaio 1889), Albaydé, 1848.

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